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I buffet sono senza fondo – L’editoria negli ultimi 10 anni

I buffet sono senza fondo – L’editoria negli ultimi 10 anni

Un recente articolo di N+1 magazine analizza la ripresa delle librerie indipendenti in America che, dagli anni 2007 (anno in cui fu lanciato il primo Kindle) e 2011 (anno in cui la grande catena Borders chiuse i battenti), sono cresciute sia nel numero (dal 2009 al 2018 sono aumentate del 40%) che nel fatturato, essendo infatti aumentate in generale le vendite dei libri cartacei a sfavore degli ebook.

Ciò è dovuto a vari fattori, come l’esperienza e la dedizione dei librai indipendenti che dà un grande valore aggiunto al loro servizio, le campagne pubblicitarie a favore degli “acquisti a chilometri zero”, gli eventi, i gruppi di lettura, i benefit per i clienti abituali (come le copie autografate o gli sconti) e così via. I social media hanno però cambiato il modo di lavorare dei librai indipendenti, in quanto mentre una volta a contare erano la gamma e la qualità di libri offerti, oggi il “contenuto” della libreria è importante tanto quanto il posto in sé, e vediamo infatti librerie più curate, luminose, che vogliono entusiasmare ed edificare al tempo stesso.

La tipologia di libri che però negli ultimi anni pare aver avuto la crescita più costante è quella audio. Le vendite degli audiolibri infatti continuano a salire e anche i podcast riscuotono molto successo. Questo è dovuto largamente alla dipendenza dagli smartphone, ma anche al pendolarismo e alla comodità di ascoltare un libro mentre si è in auto o sui mezzi pubblici.

Tornando alle librerie, l’articolo fa notare come le scelte dei dirigenti della grande catena americana Barnes & Noble, incapaci di stare al passo coi cambiamenti, l’hanno portata in crisi e resa vecchia e obsoleta, ma si spera che il tutto si possa risolvere grazie a James Daunt, visionario fondatore delle librerie inglesi Daunt Books e da circa dieci anni a capo della catena britannica Waterstones, che da allora si è risollevata.

Tra i cambiamenti apportati a Waterstones, Daunt ha restituito ai singoli store manager il controllo del loro stock, così ogni libreria, anche se parte della stessa catena, può proporre libri diversi, adatti ai gusti dei clienti della zona, aumentando dunque anche la varietà ber il beneficio dei lettori. Inoltre, non è più possibile per gli editori pagare per essere esposti nelle aree migliori, come al supermercato, e questo rende ogni libreria un po’ diversa dalle altre anche nell’aspetto.

Rendere più autonomi e attraenti i vari B&N sarebbe una felice rottura con lo status quo, al momento alquanto stagnante, ma ammodernarle si rivelerà molto più difficile perché, rispetto a quelle di Waterstones, sono enormi e situate in zone la cui clientela è più interessata ai centri commerciali in cui si sente libera di utilizzare droni e GoPro, ed è dunque probabile che Daunt decida di chiudere diversi punti vendita B&N, il che abbasserebbe il tasso di crescita delle librerie fisiche americane. Molte librerie indipendenti hanno beneficiato della riqualificazione delle loro zone (e del conseguente aumento di valore e quindi di costi e affitti) che ha invece danneggiato altri tipi di negozi.

All’arrivo degli ebook, dieci anni fa, la preoccupazione maggiore degli editori era che i lettori abbandonassero il cartaceo per il digitale, lasciandoli totalmente alla mercé di Amazon. Quando Apple annunciò di volersi buttare anch’essa nel settore ebook, ci fu una causa dell’antitrust contro Apple e i “Big Five”, ovvero i cinque maggiori editori anglo-americani che avevano cercato di dettare un nuovo modello di prezzo, fissando i prezzi degli ebook ai rivenditori, i quali avrebbero preso una commissione. Nonostante il governo vinse, alla fine il modello divenne prassi, con la conseguenza che le vendite degli ebook diminuirono mentre quelle dei libri cartacei si ripresero.

L’articolo di N+1 magazine poi afferma: «La vera omissione delle notizie positive è un qualsiasi onesto riconoscimento di Amazon. L’azienda siede confortevolmente sulla vetta della sua influenza, con la sua filiera costruita sulle spalle dell’evasione fiscale, dello sfruttamento dei lavoratori, delle lobby corporative, degli enormi profitti del loro business online e dell’applicazione delle norme antitrust che staziona tra la legge e la corruzione. Il potere di Amazon è stato grande e in crescita per così tanto tempo che per la stampa di settore non è più una novità degna di essere raccontata, a parte qualche articolo occasionale sulle sue deprimenti librerie fisiche, in cui si leggono cartelli con le scritte: “I libri più sottolineati dai clienti Kindle” […] Purtroppo, l’editoria non sarà mai interessante quanto la completa e totale ristrutturazione della società, ma con una quota di mercato del 45% sui libri cartacei e dell’83% sugli ebook, Amazon è in grado di paralizzare l’industria e stravolgerne le procedure modificando leggermente un algoritmo».

Quando Amazon entrò nel mercato, alla fine degli anni ’90, in molti lo videro come un “liberatore” dalle grinfie di B&N, che aveva portato alla chiusura di molte librerie indipendenti, e il lancio del Kindle portò la lettura anche a chi non aveva librerie o biblioteche nella sua zona. Col passare degli anni la piattaforma è diventata immensa e ha costretto gli editori e i librai a condizioni per loro molto sfavorevoli, se non distruttive. Nel 2010 ad esempio, dopo che il grande editore Macmillan si rifiutò di accettare i termini e i prezzi degli ebook imposti da Amazon, il colosso di Bezos rimosse i pulsanti “compra” da tutti i libri di Macmillan, lasciando ai clienti la sola possibilità di acquistarli usati da terze parti, con la conseguenza che né l’editore né l’autore potessero avere quanto spettasse loro, mentre Amazon ci guadagnava comunque. Una cosa simile accadde nel 2014 con Hachette, quando furono eliminati i pulsanti di preordine e imposti ritardi nella consegna dei titoli dell’editore. Oggi i rivenditori affiliati con Amazon vengono messi allo stesso livello degli editori e i clienti possono trovare subito, vicino al pulsante “acquista”, anche la scelta di comprare una novità da un altro rivenditore.

L’articolo si conclude così: «Come Facebook, Amazon non dà molto peso alla moderazione né a nessun altro intervento umano/editoriale, mettendo il cuore del business libraio alla stregua di una prestazione in più da migliorare, quindi il “negozio di tutto” non è affatto un negozio, ma è piuttosto l’economia al dettaglio in miniatura, coi suoi aspetti più squallidi e illeciti portati alla superficie, operando sullo stesso piano con transazioni più semplici e da ognuna delle quali Amazon trae profitto».

L’articolo originale si trova a questo link.

Nella foto, la magnifica libreria Daunt Books a Marylebone High Street, Londra.

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